Storia e utilizzi del vetro, dalle origini ai giorni nostri

Storia del vetro

Ampiamente diffuso ed utilizzato in svariati contesti, il vetro ha una storia molto antica, pur essendo divenuto uno dei simboli della modernità, specie da quando la produzione di questo materiale ha assunto un carattere prettamente industriale. 

Le più antiche tracce di fabbricazione del vetro risalgono al IV° millennio a.C. e provengono dalla Mesopotamia, come riportato da Plinio il Vecchio nella sua Historia Naturalis. Naturalmente, non si trattava certo di un vetro paragonabile a quello prodotto al giorno d’oggi, bensì di una pasta vitrea, utilizzata soprattutto per fabbricare perle, con le quali realizzare collane ed altri gioielli. In realtà, alcune prove archeologiche suggerirebbero che la lavorazione del vetro (ialurgia) fosse già diffusa precedentemente in Egitto e in Siria.  

Non a caso, dall’Egitto faraonico del Medio Regno provengono le prime testimonianze di produzione artificiale del vetro; secondo alcune teorie, i primi manufatti furono il prodotto casuale di altri processi di manifattura (in particolare quello per la produzione della maiolica egiziana). In questo periodo, le produzioni in vetro sono limitate a pochi oggetti di lusso, data la complessità della lavorazione; il collasso della civiltà egiziana alla fine dell’Età del Bronzo rappresenta un duro colpo per l’evoluzione delle tecniche di produzione del vetro. Queste ultime vennero successivamente perfezionate dai Fenici, tra il VII°/VI° secolo a.C., i primi ad utilizzare tale materiale per produrre utensili e monili. Più o meno allo stesso periodo risalgono anche le prime ‘istruzioni’ per produrre il vetro: sono riportate in alcune tavolette cuneiformi, risalenti al 650 a.C., scoperte nella libreria del re assiro Sardanapalo 

Il vetro in età romana 

Nonostante la lavorazione del vetro fosse ben nota e ampiamente diffusa presso gli antichi greci, inizialmente quest’arte fatica ad imporsi in epoca romana. Durante l’età repubblicana, vengono impiegate per lo più le tecniche di origine ellenica, procedimenti semplici che consentono di creare oggetti grezzi che richiedevano una lunga rifinitura. Questo aspetto, abbinato all’elevato costo del natron, limitava di molto lo sviluppo dell’industria vetraria nella Roma repubblicana. Con l’avvento dell’Età Imperiale, la produzione di manufatti in vetro cresce in maniera esponenziale, grazie soprattutto all’introduzione della tecnica della soffiatura. In tal modo, diviene possibile realizzare recipienti dalle pareti più sottili, impiegando così meno vetro per la produzione di ciascun manufatto. Questa tecnica, divenuta predominante già durante il I° secolo d.C., trasforma il mercato dei prodotti in vetro che passano da essere beni di lusso ad oggetti di ampia diffusione. Tale rivoluzione è resa possibile dalla contemporanea introduzione di nuove fornaci, grazie alle quali è possibile raggiungere temperature più elevate durante la lavorazione. Non a caso, i primi usi del vetro in edilizia risalgono proprio al periodo romano, quando fanno la loro comparsa le lastre piane, utilizzate per la realizzazione di finestre. Parallelamente, si diffonde anche la produzione di tessere di vetro per creare mosaici e rivestimenti interni nelle abitazioni più lussuose. 

Gli usi del vetro durante il Medioevo 

Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, l’arte del vetro sopravvive grazie ai bizantini mentre in Nord Europa si sviluppa in maniera diversa: in questa parte del continente, i vetrai cominciano ad usare la potassa (attorno all’anno Mille), producendo un vetro molto diverso da quello diffuso in area mediterranea. Dal Nord Europa arriva, nell’11° secolo, un’altra grande innovazione tecnologica: il vetro colorato, ottenuto per mezzo di impurità che conferivano alle lastre diverse pigmentazioni. Questo materiale, unito alla tecnica della legatura a piombo, viene utilizzato per creare le grandi vetrate decorate che caratterizzano gli edifici sacri del Medioevo, in special modo le cattedrali in stile Romanico e Gotico, tant’è che nella Cattedrale di Augusta (in Germania) si trovano le più antiche vetrate del mondo, risalenti al 1130 circa. 

Il passaggio alla produzione industriale 

Tra le fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, la produzione del vetro assume definitivamente un carattere industriale, grazie all’implementazione di nuove e più efficaci tecniche di lavorazione della materia prima. In realtà, già nel corso del 19° secolo si registrano una serie di notevoli innovazioni: nel 1827 viene inventata la pressa per vetro e, nel 1851, con la costruzione del Crystal Palace di Londra, si registra il primo utilizzo del vetro su vasta scala a scopo edilizio. Nel 1899 si afferma la tecnica del vetro tirato, che consiste nel tiraggio meccanico delle lastre, della quale vennero sviluppate in breve tre varianti: 

  • Il procedimento Fourcault (1913), nel quale il vetro viene tirato verso l’alto direttamente dalla massa vitrea in fusione; le leggere variazioni di temperatura provocano difformità di spessore della lastra; 
  • Il metodo Libbey-Owens (1916), che prevede che la tiratura avvenga in orizzontale, facendo scorrere la lastra su di una serie di rulli; 
  • Il metodo Pittsburg (1925), il quale rappresenta un compromesso tra i due procedimenti di cui sopra; i rulli non fanno scorrere tutta la lastra ma trascinano solo i lembi laterali. 

La nascita del vetro float 

Nel 1952 Sir Alastair Pilkington sviluppa il processo di produzione del vetro float, poi consolidatosi come lo standard di riferimento per la fabbricazione di lastre piane di vetro. Tale tecnica prevede di colare un nastro di vetro fuso a 1550°, facendolo ‘galleggiare’ su un bagno di stagno fuso in atmosfera controllata, così da renderlo perfettamente piano. Il nastro di vetro passa poi attraverso una linea di ricottura, prima di essere tagliato in lastre di dimensioni standard. 

Questa tecnica, che consente di produrre lastre di spessore da 0,4 mm a 25 mm, è stata ulteriormente migliorata nel corso degli anni, sia per rendere il processo di produzione più sostenibile (e ridurne l’impatto ambientale), sia per realizzare un prodotto versatile, da utilizzare non solo nell’edilizia abitativa, ma anche in altri ambiti. 

 

Come effettuare il consolidamento di una parete

consolidamento parete

Quando si effettuano lavori di ristrutturazione edilizia di una certa portata, spesso è necessario provvedere al consolidamento delle pareti, soprattutto se la muratura si presenta danneggiata o caratterizzata da ampie zone incoerenti. Più in generale, si tratta di un intervento indispensabile per migliorare la solidità della muratura, così da prepararla per le successive operazioni di stuccatura e tinteggiatura. In questo articolo vedremo quali sono i passaggi da seguire per implementare correttamente il consolidamento di una parete in muratura. 

Consolidamento: quale intervento scegliere 

Il consolidamento di una struttura in muratura può essere scelto in funzione di motivazioni progettuali tra un intervento localizzato su parte dell’edificio, con il sistema intonaco strutturale e rete di rinforzo a basso spessore (1 cm), oppure con il sistema intonaco strutturale e rete di rinforzo ad alto spessore (3 cm). La scelta dipende dalle carenze dell’edificio e dalle criticità che esso presenta. Di seguito, vedremo in particolare come realizzare il sistema. 

Cosa occorre: utensili e materiali 

Il consolidamento di una parete richiede pochi materiali; è sufficiente procurarsi un apposito intonaco strutturale, un rotolo di rete in fibra di vetro e dei connettori in fibra di vetro o in acciaio inox (a seconda del sistema). Per quanto riguarda gli attrezzi, occorrono: un martello, uno scalpello, un trapano miscelatore, un trapano a rotazione, una pistola per il lavaggio ad aria compressa (o ad acqua), un frattone, una staggia, una spatola e una cazzuola. 

Esecuzione dell’intervento: i passaggi da seguire 

La prima fase dell’intervento consiste nella rimozione dell’intonaco preesistente, servendosi di un martello e di uno scalpello adatto allo scopo. Il consiglio è di procedere con pazienza, cercando di non danneggiare la muratura sottostante. Fatto ciò, con un trapano a rotazione vanno realizzati dei fori per l’intero spessore del muro (dal diametro di 25 mm) leggermente inclinati verso l’alto, in corrispondenza dei giunti di intonaco, ad una distanza non superiore ai 70 cm. Si consiglia, per motivi di praticità, di ‘segnalare’ i fori con delle ‘spie’ in plastica. A questo punto, è possibile procedere come segue: 

  • Pulire i fori e il resto della muratura con la pistola ad aria compressa, in maniera tale da rimuovere i residui superficiali; 
  • Eseguire la regolarizzazione delle superfici, cioè ritrovare la planarità del muro, se necessario. Questa operazione la si può realizzare con l’applicazione di un primo strato di intonaco strutturale dopo aver bagnato il supporto. Per questa operazione può essere utile servirsi di una staggia in alluminio (o altro materiale) per uniformare l’applicazione del prodotto; 
  • Ritrovata la planarità, si può procedere con l’applicazione di uno strato di intonaco; nei sistemi a basso spessore non supera i 7 mm mentre in quelli ad alto spessore può raggiungere i 12 mm; 
  • Applicare le reti di rinforzo annegandole nell’ intonaco quando quest’ultimo è ancora fresco; bisogna distribuirlo in maniera omogenea e far sì che risulti planare; 
  • A questo punto si devono inserire i connettori. Questi sono come dei chiodi o dei tasselli che permettono alla rete, applicata sui due lati del muro, di essere meccanicamente attaccata al muro stesso. 
  • Nei sistemi a basso spessore, inserire i connettori in fibra di vetro nei fori ed eseguire la ‘sfioccatura’, delle estremità, ossia, aprire le fibre di vetro a raggiera per poi coprirle con l’intonaco. Nei sistemi ad alto spessore, vanno inseriti i connettori in acciaio inox, lasciandoli esposti per 10 cm o 15 cm; dopo aver inserito una porzione di rete attorno alla barra, questa va ripiegata contro la parete; 
  • Coprire i connettori con un altro strato di intonaco. 

I prodotti Saint-Gobain da utilizzare 

Per implementare gli interventi di consolidamento sopra descritti, è possibile attingere alle soluzioni e ai sistemi Saint-Gobain Italia, utilizzando i prodotti a marchio Weber: 

  • webertec BTcalceF, un intonaco strutturale a base di calce idraulica per la regolarizzazione e l’inglobamento del sistema di rinforzo; 
  • Connettori tubolari in fibra di vetro alcali resistenti webertec ConnettoreV, per sistemi a basso spessore, oppure webertec elicafixA, barre elicoidali in acciaio per il rinforzo di sistemi ad alto spessore; 
  • Reti strutturali in fibra di vetro a basso contenuto di zirconio webertec reteAR50 (per sistemi a basso spessore) o webertec reteAR75 (per sistemi ad alto spessore). 

 

 

Come rivestire una parete con il gres porcellanato: i nostri consigli

posa gres porcellanato

Il gres porcellanato è un materiale molto diffuso, specie nell’edilizia abitativa, per la realizzazione di rivestimenti ceramici. Si tratta di un materiale versatile, adatto a svariati tipi di utilizzi, caratterizzato da robustezza e solidità; viene impiegato per piastrellare soprattutto i pavimenti (sia da interno, sia da esterno) ma spesso è adoperato anche per il rivestimento delle pareti interne. Un intervento di questo tipo può essere eseguito anche con il fai da te, a patto di prestare particolare attenzione ad ogni fase esecutiva, così che il risultato finale esteticamente apprezzabile: di seguito, vediamo i materiali da utilizzare e il procedimento da seguire. 

Utensili e materiali: cosa occorre 

I materiali necessari per realizzare correttamente la posa di un rivestimento in gres porcellanato sono: 

  • Piastrelle in gres porcellanato; 
  • Rasante cementizio per l’eventuale regolarizzazione del supporto; 
  • Collante per rivestimenti ceramici; 
  • Sigillante per la stuccatura delle fughe. 

Gli utensili e gli attrezzi da tenere a portata di mano sono: spatola dentatamartello in gomma e trapano miscelatore. 

Regolarizzazione del supporto 

Il primo passo per la realizzazione di un rivestimento a parete in gres porcellanato è assicurarsi che il supporto presenti una planarità ottimale, ossia risulti compattoomogeneo ed esente da fenomeni quali sfarinamentorisalita di umidità e parti incoerenti (o prossime al distacco). Qualora sia necessario ripristinare la regolarità del supporto, è possibile effettuare un apposito trattamento con un rasante o specifica malta livellante a presa rapida. Lo strato di regolarizzazione va distribuito in maniera uniforme, servendosi di idonea spatola in acciaio. Nel caso in cui il rivestimento in gres vada applicato su una parete in cartongesso, è necessario assicurarsi che il sistema a secco sia stabile e correttamente ancorato ai supporti metallici, prima di procedere con le fasi successive del ciclo applicativo. 

Incollaggio del rivestimento e stuccatura delle fughe 

Il collante (da scegliere in base al formato delle piastrelle) va applicato in maniera uniforme; per rivestimenti di grande formato, si consiglia di utilizzare la tecnica della doppia spalmatura, con il collante applicato sia sulla parete sia sul retro della piastrella per ottenere un’adesione ottimale. La piastrella, una volta posata in sede dopo l’applicazione del collante, va pressata utilizzando un martelletto in gomma; in tal modo, si avrà un incollaggio stabile ed uniforme. 

Completata la posa del rivestimento, è necessario attendere dalle 6 alle 8 ore affinché il collante asciughi; trascorso tale lasso di tempo, si può procedere con la stuccatura delle fughe, utilizzando un sigillante specifico. 

Quali materiali Saint-Gobain utilizzare 

Saint-Gobain Italia offre una vasta gamma di soluzioni a marchio Weber adatte alla realizzazione degli interventi sopra descritti. Per livellare eventuali irregolarità presenti sulla parete, sia che si tratti di intonaco o cartongesso, si può utilizzare uno dei tanti rasanti della gamma webercem, che differiscono tra loro per la finitura (liscia, civile) e per lo spessore massimo consigliato. In alternativa, in caso di pareti intonacate non perfettamente livellate o con residui di collante si può utilizzare la malta livellante a presa rapida ed elevata resistenza meccanica weberfloor Zero30 che consente regolarizzazioni in tempi veloci da 1 a 30 mm.  

Ampia è anche la gamma delle soluzioni per l’incollaggio delle piastrelle, in quanto il collante va scelto in base al supporto e al formato del rivestimento. Su intonaci a base cemento o calce, in caso di piastrelle di piccolo formato è possibile utilizzare webercol Smart, un collante cementizio ad elevata cremosità ed a scivolamento verticale nullo. Per formati più grandi bisogna invece ricorrere a collanti più prestazionali come webercol Progres Evo oppure a colle cementizie deformabili quali webercol ProGres TOP o webercol UltraGres 400 in caso di posa di grandi lastre in gres ceramico a basso spessore.  In caso di pareti in cartongesso o intonaci a base gesso, va effettuata una preparazione della superficie con weberprim PF15, primer isolante e consolidante ad elevata penetrazione, prima dell’applicazione del collante cementizio. 

Si consiglia, infine, di utilizzare webercolor premium per stuccare le fughe, in quanto prodotto prestazionale in termini di trattamento delle muffe e delle macchie e dalle proprietà antibatteriche grazie al trattamento con gli ioni d’argento.  

#FaiConIMakers: Giuseppe Conte completa il progetto dell’ufficio

Articolato ed ambizioso, il progetto di Giuseppe Conte (costruire un ufficio laboratorio all’interno di un capannone) è giunto alla conclusione. Il team di Makers At Work, coadiuvato da Saint-Gobain Italia, che ha fornito materiali e assistenza tecnica per tutti i lavori approntati, ha completato anche gli interventi finali, ossia la realizzazione di una parete decorata e l’installazione delle vetrate. 

La posa delle piastrelle 

Una delle pareti corte dell’ufficio è stata rivestita con piastrelle in gres porcellanato (di misura 30 cm x 60 cm). La scelta è ricaduta su questo tipo di soluzione dal momento che per l’arredo del locale era stato già scelto uno stile industriale, che avrebbe incluso elementi color noce e dettagli in metallo. Prima di applicare le piastrelle, la parete in cartongesso deve essere isolata dal collante cementizio che verrà utilizzato successivamente. Per questo, viene preparata applicando un apposito primer; ne sono state date due mani, a 24 ore di distanza l’una dall’altra. Successivamente, è stato eseguito l’incollaggio delle piastrelle stendendola con la colla, miscelata con una percentuale di acqua tale da rendere l’impasto sufficientemente corposo,  per mezzo di un frattazzo. Poi, le piastrelle sono state applicate alla parete, utilizzando degli appositi dispositivi di distanziamento per ottenere delle fughe dallo spessore omogeneo. Al contempo, ciascuna piastrella è stata collocata avendo cura di far combaciare perfettamente il pattern decorativo in rilievo, così da restituire l’impressione che si tratti di un’opera realizzata in mattoni veri. Completata la posa, gli uomini di Makers At Work hanno potuto chiudere le fugge con un apposito sigillante cementizio, dal colore molto simile a quello delle finte fughe presenti sulla superficie delle piastrelle decorate. 

L’installazione delle vetrate 

L’ultimo intervento strutturale per il completamento dell’ufficio è rappresentato dall’installazione delle due vetrate verticali che solcano la parete esterna di cartongesso costruita ex novo. I telai sono stati realizzati nell’officina di Makers At Work, utilizzando delle assi di abete lamellare; attorno a ciascun telaio è stata creata una cornice, con assi di spessore minore. Per creare una maggiore continuità con lo stile ‘industriale’ scelto per arredare gli interni, le superfici esterne dei telai sono state spazzolate, così da conferire loro un aspetto vagamente grezzo di notevole impatto, per poi essere verniciate di nero. Le vetrate sono state poi assicurate all’interno del telaio mediante un doppio profilo, allestito con listelli di spessore congruo allo scopo. Il tipo di vetro utilizzato per realizzare i vetrocamera di  30 mm è un doppio stratificato acustico di sicurezza Stadip Silence Planitherm Infinity per assicurare un’adeguata luminosità all’interno dell’ufficio laboratorio garantire contemporaneamenteun perfetto isolamento termico e acustico rispetto all’esterno, in completa sicurezza antiferita e anti infortunio. 

I prodotti Saint-Gobain Italia utilizzati 

Come accaduto sinora, anche l’ultimo stadio del progetto di Giuseppe Conte ha beneficiato del supporto tecnico e materiale di Saint-Gobain Italia. Nello specifico, il team di Makers At Work ha utilizzato weberprim PF15, un primer isolante e consolidante, ideale per la preparazione di superfici prima della posa di prodotti cementizi. Per incollare le piastrelle, invece, è stato impiegato webercol UltraGres 400; si tratta di un adesivo cementizio deformabile ad alta resistenza, particolarmente indicato per la posa di grandi formati. Le fughe sono state sigillate con webercolor style, un sigillante (disponibile in diverse tonalità cromatiche) indicato per fughe di spessore compreso tra i 3 mm e i 20 mm, caratterizzato da una grana media ed una elevata resistenza all’abrasione. Per le vetrate è stato utilizzato uno stratificato acustico di sicurezza Stadip Silence 33.2 con deposito altamente selettivo Planitherm Infinity sulla lastra esterna, uno stratificato acustico di sicurezza Stadip Silence 33.2 sulla lastra interna, separate tra di loro con canalina ad alto isolamento termico. 

Parapetto per scale interne: come realizzarlo in cartongesso

parapetto in cartongesso

Gli appartamenti che si sviluppano su due piani, o comprendono strutture quali soppalchi, duplex e mansarde, sono caratterizzati dalla presenza di una o più rampe di scale interne. Per motivi di sicurezza, questo tipo di struttura deve essere dotata di un parapetto, ossia un elemento verticale che funga da appoggio o barriera, generalmente agganciato alla rampa o aderente a quest’ultima.  

Dal punto di vista tecnico e stilistico, esistono diverse soluzioni: le più tradizionali sono costituite da ringhiere in metallo dal design classico o contemporaneo, a seconda dello stile d’arredo. All’interno di ambienti in stile moderno, invece, spesso si predilige un parapetto in vetro per scala interna, formato da pannelli modulari assicurati alla scala stessa oppure al pavimento. 

In alternativa, è possibile optare per una terza opzione: il cartongesso, materiale particolarmente versatile ed ampiamente utilizzato nell’edilizia abitativa. In questo articolo vedremo come adoperarlo per realizzare un parapetto in cartongesso per scale interne. 

Utensili e materiali occorrenti per il parapetto in cartongesso

Per allestire un parapetto pieno in cartongesso occorrono i seguenti materiali: 

  • Lastre in cartongesso; 
  • Nastro biadesivo in polietilene; 
  • Profili metallici a ‘U’ e a ‘C’; 
  • Tasselli, viti truciolari, tasselli ad espansione per il fissaggio delle guide; 
  • Viti perforanti a testa piatta; 
  • Viti per cartongesso; 
  • Nastri di rinforzo per i punti di giunzione; 
  • Paraspigoli in acciaio; 
  • Stucco per cartongesso. 

Gli utensili necessari, invece, includono: avvitatore per cartongesso, cuttermetro (o proiettore laser), forbici/cesoie/mola da tagliolivellaspatola o frattone. Durante le varie fasi della lavorazione, è bene indossare abbigliamento tecnico adeguato, in special modo guanti e visiera. 

La prima fase: l’allestimento della struttura 

Qualsiasi opera in cartongesso non può prescindere dalla struttura portante in metallo, formata da apposite guide a forma di U e montanti a forma di C.  In linea di principio, i passaggi da implementare sono i seguenti: 

  • Con l’ausilio del laser o del metro, tracciare il perimetro del parapetto, segnando i riferimenti con una matita; 
  • Sagomare i profili a U (guide) in base alle misurazioni effettuate;  
  • Applicare il nastro biadesivo sul retro delle guide inferiori, ossia quelle che saranno fissate al pavimento, e posizionare le guide facendole aderire al pavimento; 
  • Vincolare i profili inferiori al pavimento utilizzando; in base al tipo di sottofondo, tasselli ad espansione o viti, a seconda se per i pavimenti finiti (esempio in legno) o in calcestruzzo grezzo; 
  • Posizionare e vincolare le guide di arrivo, ossia i profili a U che delimitano in verticale il parapetto; prima di fissarli, controllare che siano in bolla; 
  • Inserire i montanti verticali a C all’interno delle guide orizzontali e fissarli tramite punzonatura o utilizzando viti autoperforanti a testa piatta, dopo essersi accertati che siano in bolla. 

Si consiglia di prevedere un interasse fitto dei montanti verticali, massimo 300 mm, in modo da irrobustire il parapetto. 

Seconda fase: posa e finitura del cartongesso 

Completata la costruzione della struttura portante, si può passare alla posa dei pannelli in cartongesso. Per prima cosa, è necessario sagomare le lastre di cartongesso destinate al tamponamento dei due lati del parapetto. Dopo di che, è possibile vincolare i pannelli di cartongesso sagomato ai montanti, utilizzando le apposite viti autoperforanti e un avvitatore elettrico. 

Fatto ciò, il sistema è pronto per le fasi di finitura. La prima consiste nella stuccatura dei giunti: si passa una mano di stucco sulla giunzione, si applica uno strato di carta microforata e infine si passa un secondo strato di stucco. Quando il prodotto è completamente asciugato, si può procedere all’applicazione di una terza mano. Ultimata anche questa lavorazione, il parapetto può essere tinteggiato con un’idropittura per interni, previa applicazione di un apposito primer di preparazione. 

I prodotti Saint-Gobain utilizzabili 

All’interno dell’offerta di Saint-Gobain Italia è possibile reperire tutti materiali necessari all’intervento sopra descritto, attingendo in particolare ai prodotti a marchio Gyproc. Per un parapetto interno, sono consigliabili lastre in gesso rivestito ad elevata resistenza meccanica, quali Habito® Forte o Duragyp Activ’Air®.
Gyproc Gyprofile, invece, è l’opzione migliore per implementare la struttura portante, assieme al nastro biadesivo in schiuma di polietilene reticolata. Per la finitura dei giunti, è possibile scegliere tra gli stucchi della gamma Gyproc Evoplus, da abbinare ai nastri in carta microforata o in feltro di vetro, anch’essi presenti nel catalogo del marchio. 

Armadio a muro in cartongesso: come realizzarlo

Armadio in cartongesso

Gli armadi sono un elemento indispensabile per l’arredo di qualsiasi camera da letto. Ciò nonostante, possono risultare poco funzionali, in quanto non in grado di adattarsi agli spazi a disposizione o a determinate esigenze pratiche. L’alternativa, ossia un modello realizzato su misura, può risultare particolarmente dispendiosa, specie se si scelgono materiali di qualità. Per queste ragioni, sono sempre più diffusi gli armadi a muro in cartongesso, in quanto rappresentano una soluzione versatile e funzionale, adattabile a qualsiasi contesto. In questo articolo, vedremo quali sono i passaggi da seguire, e i materiali da utilizzare, per costruirne uno con il fai da te. 

Utensili e materiali 

Per realizzare un armadio a muro in cartongesso è necessario procurarsi gli appositi materiali da costruzione, ovvero:  

  • Lastre di cartongesso; 
  • Profili metallici; 
  • Viti per cartongesso; 
  • Viti, tasselli ad espansione per il fissaggio delle guide metalliche; 
  • Nastro biadesivo; 
  • Stucco per cartongesso; 
  • Nastri di rinforzo per le giunzioni tra le lastre. 

L’elenco degli attrezzi e utensili da adoperare nel corso delle varie fasi della lavorazione include: cutter per cartongesso, forbici/cesoie (per sagomare i profilati metallici), avvitatore elettricometro o laser per le misurazioni, livellamatitaspatola e frattazzo. In aggiunta, è bene adoperare abbigliamento tecnico adeguato. Fatta questa breve premessa, vediamo come costruire un armadio a muro in cartongesso. 

La realizzazione della struttura portante 

Un armadio a muro in cartongesso è equiparabile ad altri sistemi a secco realizzati con il medesimo materiale. Di conseguenza, il processo di costruzione non può non prendere le mosse dall’assemblaggio di una struttura portante in metallo. 

Pertanto, la prima cosa da fare è decidere le dimensioni dell’armadio e tracciarne il perimetro, servendosi di un metro o del tracciatore laser. I riferimenti possono essere segnati a matita, sul pavimento e sulle pareti. In base alle misurazioni effettuate, si procede poi a tagliare i profilati metallici a U (guide)utilizzando un paio di forbici/cesoie. 

Fatto ciò, si applica il nastro biadesivo sul retro delle guide a U per incollarle al pavimento e al soffitto, rispettando il perimetro tracciato in precedenza. Lo step successivo consiste nel vincolare i profili; si possono utilizzare i chiodi o i tasselli ad espansione (se il fondo è costituito da un pavimento finito o da un massetto in calcestruzzo grezzo). Fatto ciò, bisogna procedere a sagomare i profilati in metallo a C (i montanti verticali) da collocare all’interno delle guide, per mezzo dei quali individuare i vani e i ripiani interni, e vincolare alla struttura tramite punzonatura o con apposite viti.  

La pose delle lastre in cartongesso e la finitura 

Completata la struttura, è possibile procedere con il tamponamento dei vani mediante lastre di cartongesso. Queste vanno anzitutto sagomate su misura con il cutter: a tale scopo, basta seguire le istruzioni del produttore. I ritagli sagomati vanno assicurati alla struttura per mezzo di apposite viti, da inserire tramite avvitatore elettrico; la testa deve trovarsi qualche millimetro più in basso rispetto alla superficie della lastra.   

L’ultima fase della lavorazione consiste nella finitura: utilizzare stucco a base gesso per coprire le teste delle viti e riempire i giunti tra lastre e le intersezioni con le altre strutture, armando i giunti con il nastro di rinforzo (si può scegliere tra carta microforata, feltro di vetro), prevedere inoltre l’utilizzo di paraspigoli in corrispondenza degli angoli. La tinteggiatura richiede la preparazione delle superfici con una mano di primer, indispensabile per la successiva applicazione dell’idropittura per interni. 

Quali prodotti Saint-Gobain utilizzare 

Saint-Gobain Italia offre una vasta gamma di prodotti di alta qualità per costruire in maniera ottimale un armadio a muro in cartongesso: 

  • Gyproc Gyprofile: profilato metallico a U e C, anticorrosivo, dielettrico, ecologico e antifingerprint, ideale per le strutture in gesso rivestito; 
  • Nastro biadesivo Gyproc, costituito da una guarnizione di schiuma in polietilene reticolata da utilizzare per il fissaggio dei profilati; 
  • Lastre di cartongesso Gyproc; per un armadio a muro si può scegliere tra pannelli standard (Wallboard) o ad elevata resistenza meccanica (Habito® Forte): 
  • Lo stucco Gyproc Evoplus 60 per il trattamento dei giunti, in combinazione con i nastri di rinforzo MARCO SPARK-PERF o prodotti analoghi in fibra di vetro, feltro di vetro o carta microforata; 

Creare un ripostiglio in cartongesso: idee e consigli utili

ripostiglio in cartongesso

Ottimizzare gli spazi a disposizione è un aspetto fondamentale nell’organizzazione dell’ambiente domestico; spesso si ricorre a soluzioni provvisorie come, ad esempio, armadi, mensole scaffalature e simili. Per sfruttare al massimo un angolo o un punto della casa altrimenti inutilizzato, non va sottovalutata la possibilità di creare un ripostiglio in cartongesso. Si tratta di una soluzione pratica, meno impegnativa rispetto ad un’opera in muratura, che assicura un ottimo risultato e può essere realizzata anche ricorrendo al fai da te. Di seguito, vediamo come.

Dove allestire un ripostiglio?

In linea di massima, un ripostiglio può essere costruito ovunque; generalmente, si prediligono angoli, sottoscala, lati dei corridoi, la parte bassa di un sottotetto spiovente o di una mansarda e altri punti della casa che, senza particolari accorgimenti, resterebbero inutilizzati. Anche una controsoffittatura, con i dovuti accorgimenti, può essere destinata a ripostiglio. La scelta dipende esclusivamente dalle proprie esigenze, dalla disponibilità di spazio e dalle caratteristiche strutturali dei vari ambienti della casa.

Progettare la struttura

La prima cosa da fare quando ci si appresta a realizzare un ripostiglio o uno sgabuzzino in cartongesso è progettare la struttura, scegliendo il tipo di porta da installare: se non si ha molto spazio a disposizione, è consigliabile optare per un’anta scorrevole, così da facilitare l’accesso al ripostiglio (specie se verrà allestito in zone di passaggio come corridoi o sottoscala). Altrimenti, è possibile scegliere le più tradizionali ante a battenti. In entrambi i casi, la struttura dovrà essere progettata in maniera tale da risultare sufficientemente robusta per sorreggere sia l’infisso, sia le ante. Ciò vuol dire, dal punto di vista pratico, che le pareti dovranno avere uno spessore adeguato, da ottenere per mezzo di lastre in cartongesso, da preferire nel numero di 2 per paramento, vincolate ad un’intelaiatura metallica. La progettazione della struttura deve tenere in conto anche la disposizione e le dimensioni delle scaffalature o dei vani interni.

Cosa occorre

Approntato un progetto di massima, bisogna procurarsi materiali e utensili. In particolare, occorrono: profilati metallici a ‘U’ (guide a terra e a soffitto) e profili metallici a ‘C’ (montanti verticali), lastre di cartongesso, nastro biadesivo, tasselli, viti autoforanti per cartongesso, stucco a base gesso e nastro per il rinforzo e la finitura delle giunzioni. Gli attrezzi necessari per realizzare le varie fasi dell’opera sono: forbici/cesoie per lamiera metallica (alternativa mola da taglio), cutter, metro (o laser), matita, livella, spatolina e frattazzo americano.

Quali passaggi eseguire

L’allestimento della struttura portante è la parte più impegnativa della realizzazione di un ripostiglio in cartongesso, in quanto prevede numerosi passaggi.

Per prima cosa, bisogna tracciare il perimetro della struttura, servendosi di un laser o di un semplice metro (i riferimenti si possono segnare con una matita). In base alle misurazioni, è possibile procedere come segue:

  • tagliare/sagomare i profilati in metallo a U (guide), utilizzando le forbici/cesoie
  • Fissare le guide metalliche al soffitto e al pavimento applicando un nastro biadesivo e se possibile anche con tasselli ad espansione;
  • Inserire nelle guide i profilati in metallo a C (montanti verticali), assicurandoli alle guide a U con viti o tramite un’apposita punzonatrice;
  • Alloggiare il telaio per lo scorrimento dell’anta della porta, vincolandolo ai montanti verticali, se il progetto iniziale prevede che il ripostiglio abbia una porta scorrevole;
  • Tagliare in base all’altezza della parete le lastre di cartongesso con un cutter;
  • Fissare ciascuna lastra alla struttura in metallo utilizzando apposite viti per cartongesso;
  • Stuccare i giunti tra le lastre, le teste delle viti e le intersezioni delle lastre con le altre strutture con stucco a base gesso, rinforzando i giunti con nastro di armatura in carta microforata o feltro di vetro;
  • Se necessario, inserire giunti angolari all’intersezione delle pareti esterne;
  • Tinteggiare il ripostiglio con idropittura per interni dopo aver trattato le lastre con apposito primer.

I prodotti Saint-Gobain da utilizzare

Saint-Gobain Italia è in grado di fornire tutto il materiale necessario per la realizzazione di un ripostiglio in cartongesso. I profilati Gyproc Gyprofile, assieme al nastro biadesivo – altro prodotto a marchio Gyproc – rappresentano la soluzione ottimale per allestire l’intelaiatura metallica. Per la pannellatura in cartongesso è possibile scegliere tra le lastre standard Gyproc Wallboard e le lastre ad elevate prestazioni Gyproc Duragyp Activ’Air®, queste ultime offrono una maggiore resistenza meccanica, per l’attrezzabilità dei sistemi, e migliore durezza superficiale e resistenza agli urti, oltre ad essere idonee anche per ambienti umidi.

Il trattamento dei giunti, infine, può essere implementato utilizzando gli stucchi Gyproc della gamma Evoplus e i nastri in carta microforata, fibra o feltro di vetro del medesimo marchio.

Ristrutturazione bagno: come accedere al bonus casa 2021

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La ristrutturazione del bagno è tra gli interventi edilizi per i quali è possibile richiedere un’agevolazione fiscale; essa è disciplinata dall’articolo16-bis del Dpr 917/86 e prevede una detrazione IRPEF del 50% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2021. Successivamente a tale data, fatte salve proroghe nella Legge di Bilancio 2022, sarà ridotta al 36%.  

Il limite massimo di spesa ammessa al beneficio è pari a 96.000 euro, da dividere in dieci quote annuali di pari importo. L’agevolazione è prevista anche per coloro i quali acquistano “fabbricati a uso abitativo ristrutturati”, come spiega il portale istituzionale dell’Agenzia delle Entrate. 

Come funziona l’agevolazione 

Con l’art.119 della Legge n.77 del 2020, legge di conversione del “Decreto Rilancio”, sono state introdotte due ulteriori modalità di fruizione dell’agevolazione, limitatamente alle spese sostenute nel corso degli anni 2020 e 2021. I soggetti aventi diritto possono scegliere tra: 

  • Un contributo sotto forma di sconto anticipato dall’impresa che effettua i lavori e dai fornitori di beni e servizi fino ad un importo massimo pari al corrispettivo stesso. I fornitori recuperano il contributo sotto forma di credito di imposta, nella misura della detrazione che spetta loro; in alternativa, possono cederlo a soggetti terzi, inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari; 
  • Cessione del credito di imposta ad istituti di credito o altri intermediari, con la possibilità, da parte di questi ultimi, di cederlo a loro volta ad altri soggetti. 

Per quali lavori si può ottenere 

Gli interventi necessari per ristrutturare il bagno possono quindi riguardare non soltanto gli elementi strutturali e gli impianti, ma anche i sanitari e la rubinetteria, per cui esistono incentivi specifici (il cosiddetto “Bonus risparmio idrico”). I lavori edilizi per i quali è possibile beneficiare del bonus ristrutturazioni sono, in particolare, “quelli elencati alle lettere b), c) e d) dell’articolo 3 del Dpr 380/2001”, il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia: 

  • Interventi di manutenzione straordinaria, ossia le opere necessarie al rinnovamento o alla sostituzione di parti dell’edificio anche strutturali “nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari”; 
  • Restauro e risanamento conservativo, inclusi “il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio”; 
  • Interventi di ristrutturazione edilizia volti a trasformare gli organismi edilizi mediante insieme di opere che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.  

Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione ordinaria, come spiega la guida redatta dall’Agenzia delle Entrate sulle ristrutturazioni edilizie, “non sono ammessi al beneficio fiscale delle detrazioni gli interventi di manutenzione ordinaria (spettanti solo per i lavori condominiali), a meno che non facciano parte di un intervento più vasto di ristrutturazione”. 

Assieme alle spese per le forniture dei materiali e la realizzazione dei lavori, ai fini della detrazione è possibile considerare anche i costi accessori, come ad esempio quelli per le prestazioni professionali (progettazione, perizie, sopralluoghi e simili), gli oneri di urbanizzazione e “gli altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi nonché agli adempimenti stabiliti dal regolamento di attuazione degli interventi agevolati”, come specificato dall’approfondimento presente sul sito dell’Agenzia dell’Entrate. 

Pertanto, è possibile usufruire dell’agevolazione fiscale per diversi interventi edilizi finalizzati alla ristrutturazione e/o al rinnovamento del locale bagno come, ad esempio, la modifica delle dimensioni dello stesso e la sostituzione degli impianti. In generale quindi si individuano interventi che costituiscano una spesa prevista da un più ampio intervento di “manutenzione straordinaria”. La posa di un nuovo massetto o di un intonaco impermeabile, rientrando tra le opere di manutenzione ordinaria (così come la rasatura e la tinteggiatura delle pareti) rientrano nella disciplina agevolativa solo se approntati nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia più esteso. 

 

Come accedere all’agevolazione 

Gli aventi diritto all’agevolazione fiscale sono tutti i soggetti che detengono un diritto reale sull’immobile oggetto degli interventi edilizi: 

  • Il proprietario o il nudo proprietario; 
  • Soggetti che godono di altro diritto, quali usufruttousoabitazione o superficie; 
  • Inquilini e comodatari; 
  • Soci di cooperative (divise o indivise); 
  • Soci di società semplici; 
  • Imprenditori individuali (a patto che gli interventi non riguardino gli immobili strumentali); 
  • Il familiare convivente o il coniuge del proprietario o detentore dell’immobile; 
  • Il coniuge separato intestatario dell’immobile; 
  • Il convivente more uxorio purché “non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato” e solo per le spese sostenute dopo il primo gennaio 2016. 

Per poter avere accesso all’agevolazione, fa sapere l’Agenzia delle Entrate, “è sufficiente indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione”. Gli altri adempimenti funzionali all’accesso all’agevolazione sono: 

  • Comunicazione all’ASL prima dell’inizio dei lavori, nei casi in cui sia necessario; 
  • Pagamento delle tasse detraibili tramite bonifico bancario o postale; 
  • Conservare ed esibire, qualora richiesto dagli uffici competenti, la documentazione relativa agli interventi implementati, come ad esempio le abilitazioni amministrative, eventuali richieste di accatastamento o le ricevute di pagamento dell’IMU. 

 

#FaiConIMakers, Seby Torrisi sostituisce una mattonella distaccata

Sebi Torrisi

pavimenti in piastrelle sono estremamente comuni ma non certo esenti da problemi tecnici e costruttivi. L’impiego di materiali scadenti o il ricorso a tecniche applicative errate possono provocare, nel breve e lungo periodo, alcune criticità, come ad esempio il distacco delle piastrelle. Nel nuovo tutorial realizzato con la collaborazione di Saint-Gobain Italia, Seby Torrisi affronta un problema analogo: con un piccolo intervento mirato e circoscritto, rimuove una mattonella instabile e parzialmente scollata per sostituirla con una nuova. Di seguito, vediamo qual è il procedimento adottato dal maker siciliano. 

Rimozione della mattonella 

Per prima cosa, Seby procede alla rimozione della mattonella instabile, riconoscibile dal caratteristico suono sordo che produce quando viene colpita lievemente sulla zona distaccata. Si tratta di un’operazione semplice ma delicata, perché bisogna evitare di danneggiare le altre mattonelle. Il maker siciliano inizia a rompere la piastrella partendo da un angolo, dando piccoli colpi secchi con un martelletto, cercando di limitare il più possibile le vibrazioni che potrebbero trasmettersi alle mattonelle adiacenti. Per rimuovere la parte ancora incollata al massetto, utilizza anche un piccolo scalpello; fatto ciò, ripulisce l’intera zona così da eliminare tutti i residui di polvere e detriti. 

Preparazione per la posa 

Quando si sostituisce una singola mattonella all’interno di una pavimentazione, il problema principale è costituito dalla posa: il nuovo elemento, infatti, deve risultare in piano con quelli già fissati, così da non creare un dislivello antiestetico. Ragion per cui, Seby procede preliminarmente ad una “finta posa”, applicando sul retro della piastrella quattro strisce di nastro carta (due per lato); in tal modo, può rimuoverla facilmente dopo averla poggiata nello spazio di destinazione e segnato dei punti di “equilibratura”, utili per collocarla successivamente nella stessa posizione. Questa procedura serve per valutare con precisione qual è lo spessore a disposizione per l’applicazione del nuovo collante.  

Lo step successivo consiste nel cercare di livellare lo strato sottostante, raschiando superficialmente piccoli residui di collante e massetto preesistenti, così da ottenere una base il più possibile uniforme. Se l’intervento avesse riguardato una superficie più ampia, Seby avrebbe provveduto a ripristinare anche il massetto.  

Incollaggio della piastrella e rifinitura delle fughe 

Dopo aver pulito il fondo, Seby applica uno strato di adesivo sigillante sul massetto, lasciando qualche centimetro dal margine esterno, così da evitare che il prodotto debordi al di fuori della fuga. Poggiata la mattonella, cercando di rispettare lo spessore delle altre fughe, il maker siciliano vi esercita una leggera pressione, così da uniformare la distribuzione del prodotto adesivo e mettere la piastrella in piano con il resto del pavimento. L’ultimo passaggio consiste nella stuccatura delle fughe, per il quale utilizza una cazzuola ed una spatolina; in genere, prodotti di questo tipo hanno bisogno di 12 ore per asciugarsi. Trascorso tale lasso di tempo, Seby ripulisce il pavimento con una spugna umida. 

I prodotti Saint-Gobain utilizzati 

Anche in questo caso, Seby Torrisi ha potuto attingere all’offerta di Saint-Gobain Italia per la realizzazione del proprio tutorial. L’incollaggio della mattonella è stato effettuato utilizzando webercolor HS, un adesivo sigillante flessibile universale a base di polimeri silano modificati, verniciabile e antimuffa, applicabile ad una vasta gamma di supporti diversi, dal calcestruzzo ai massetti cementizi. In caso di interventi analoghi ma di più ampia portata, è consigliabile impiegare webercol UltaGres 400, un adesivo cementizio ad elevata resistenza, indicato anche per pavimenti radianti, mosaici vetrosi e posa in facciata. Per sigillare le fughe, invece, Seby ha utilizzato webercolor premium, il nuovo sigillante cementizio a granulometria fine e dalla elevata resistenza meccanica; in aggiunta, si tratta di un prodotto antimacchia e antibatterico, grazie al particolare trattamento agli ioni d’argento al quale viene sottoposto. 

Bonus serramenti 2021: come accedere alle agevolazioni fiscali

bonus serramenti

La sostituzione degli infissi e dei serramenti, nell’ambito di opere di ristrutturazione edilizia o riqualificazione energetica degli edifici, rientra tra gli interventi per i quali è possibile accedere all’agevolazione fiscale prevista dalla disciplina del SuperBONUS 110%. Quest’ultimo, infatti, è applicabile a tutti i lavori previsti dal cosiddetto “EcoBONUS”, ossia l’insieme delle misure agevolative volte ad incentivare gli interventi finalizzati al miglioramento del rendimento termico ed energetico degli involucri delle strutture edilizie. 

Per quali interventi è prevista l’agevolazione 

I dispositivi che regolamentano la disciplina delle agevolazioni fiscali considerano tali interventi (sostituzione infissi e serramenti) identificabili come trainati, ovvero complementari alla riqualificazione energetica. Nella Guida al SuperBONUS 110% stilata dall’Agenzia delle Entrate in merito ad un caso pratico, si legge “la sostituzione della caldaia e delle finestre comprensive degli infissi potrà beneficiare del Superbonus del 110% della spesa sostenuta se la caldaia e le finestre possiedono i requisiti richiesti ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge n. 63/2013”.   

In base a quanto specificato dall’apposito vademecum dell’ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile)l’intervento deve avere per oggetto un immobile esistente, ossia già accatastato o per il quale sia stata presentata richiesta di accatastamento e “configurarsi come sostituzione di elementi già esistenti e/o sue parti”. Di conseguenza, sono escluse dall’agevolazione le nuove costruzioni.  

In aggiunta, l’accesso alla detrazione è subordinato al rispetto di ulteriori requisiti tecnici: 

  • Il serramento oggetto della sostituzione deve delimitare un volume riscaldato verso l’esterno o verso altri vani non riscaldati; 
  • I valori di trasmittanza termica iniziali (Uw) devono essere superiori ai valori limite riportati in tabella 1 dell’Allegato E del D.M. 6.08.2020, per interventi con data di inizio lavori a partire dal 6 ottobre 2020; 
  • I valori di trasmittanza termica finali (Uw), devono essere inferiori uguali a quelli riportati nella Tabella 2 del D.M. 26.01.2010 (per interventi iniziati prima del 6 ottobre 2020) o a quelli della Tabella 1 dell’Allegato E al D.M. 6.08.2020 se avviati dal 6 ottobre 2020; 
  • Devono essere rispettate le norme nazionali e locali in materia di urbanistica, edilizia, sicurezza ed efficienza energetica. 

Stando a quanto definito dall’art.119 del Decreto Legge “Rilancio” la sostituzione di infissi e serramenti ricade nell’ambito degli interventi di “efficienza energetica” ovvero compresi nell’attuale EcoBONUS, a patto che questi siano effettuati contestualmente con almeno uno degli interventi trainanti individuati dalle normative di riferimento, sia sulle parti comuni sia sulle singole unità abitative. Qualora l’immobile oggetto degli interventi di ristrutturazione edilizia sia sottoposto a vincoli di vario genere (beni culturali, paesaggistici o imposti da regolamenti edilizi, urbanistici ed ambientali), gli interventi eseguibile di efficientamento energetico, fra cui sostituzione di infissi e serramenti, possono essere compresi nell’agevolazione al 110% anche senza la realizzazione di interventi trainanti, a condizione che comportino un miglioramento complessivo dell’efficienza energetica di almeno due classi oppure, qualora non sia possibile, il conseguimento della classe energetica più alta. 

Bonus serramenti 2021: in cosa consiste 

Nella panoramica delle agevolazioni statali, la sostituzione di infissi e serramenti rientra nelle opere con aliquota pari al 50% delle spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 con detrazione massima ammissibile di 60.000 euro (EcoBONUS). 

La detrazione può essere utilizzata dal soggetto beneficiario in una delle seguenti forme: 

  • Cinque quote annuali di pari importo (quattro per le spese sostenute nel corso del 2022);
  • Sconto in fattura applicato dai fornitori; 
  • Cessione del credito. 

Le spese ammissibili alla detrazione prevista dal bonus infissi 2021 sono: 

  • Coibentazione o sostituzione dei cassonetti, nel rispetto dei valori di trasmittanza previsti per le finestre dotate di infissi; 
  • Fornitura e posa in opera di nuove finestre e porte finestra; 
  • Integrazione o sostituzione di elementi vetrati; 
  • Fornitura e installazione di sistemi oscuranti, quali persiane, avvolgibili, scuri e relativi accessori, sostituiti assieme agli infissi o ai vetri oggetti dell’intervento; 
  • Prestazioni professionali accessorie. 

I soggetti aventi diritto al bonus finestre 

Il bonus per la sostituzione degli infissi è accessibile da parte di tutti i contribuenti che sostengono spese volte a finanziare interventi di riqualificazione energetica e possiedono un diritto reale di godimento sull’immobile oggetto dei lavori (proprietàusufruttouso e abitazionesuperficie). 

 

#FaiConIMakers, ultimi lavori in ufficio per la squadra di Giuseppe Conte

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Sta per volgere al termine il progetto a cura del team di Makers At Work per la realizzazione di un ufficio laboratorio all’interno del capannone di Marco, socio di Giuseppe Conte. Completato l’involucro della struttura a secco con relativo isolamento, grazie al cospicuo contributo materiale e tecnico offerto da Saint-Gobain Italia (che ha messo a disposizioni tecnici e prodotti per implementare i vari interventi), l’ultima parte dei lavori prevede la posa del pavimento.  

La scelta del PVC flottante 

Per il rivestimento della superficie calpestabile dell’ufficio, Giuseppe Conte ha scelto una sorta di parquet in PVC “flottante”. Questa soluzione è stata preferita ad altre, soprattutto al gres porcellanato; quest’ultimo, infatti, pur essendo un materiale di qualità, avrebbe rappresentato un’opzione troppo ‘definitiva’, in considerazione del fatto che, in futuro, l’ufficio potrebbe essere smontato o destinato ad altro uso. Ragion per cui, i tecnici di Makers At Work hanno virato su di una soluzione più elastica e pratica, un “finto parquet” fatto di doghe in PVC. Quest’ultimo offre numerosi vantaggi: facilità di installazione e pulizia, ottima resistenza meccanica e agli urti. In aggiunta, si tratta di un sistema a secco che non richiede particolari interventi di preparazione ed assicura un ottimo rendimento.  

La posa del pavimento 

Il pavimento in listoni di PVC “flottante” viene così definito perché non aderisce al supporto ma viene posato al di sopra di uno strato intermedio. Nel caso specifico dell’ufficio costruito da Makers At Work, si tratta di un tappetino sottopavimento, poiché il fondo non presentava irregolarità tali da rendere necessaria l’applicazione di uno strato di autolivellante. In aggiunta, l’interposizione del tappetino svolge svariate funzioni: 

  • Compensa i dislivelli minori del pavimento; 
  • Riduce il rumore provocato dal calpestio; 
  • Migliora l’isolamento termico dell’ambiente; 
  • Protegge il locale dall’umidità. 

Dal punto di vista tecnico, dopo aver posato il tappetino ed averlo battuto con il filo, il team di Makers At Work procede alla posa dei listoni in PVC. Ciascuna doga ha un profilo scolpito in maniera tale da combaciare perfettamente, con un semplice meccanismo a incastro, con il listone adiacente. Durante la posa non vengono utilizzate malte o collanti: ogni listello viene semplicemente appoggiato sul tappetino e incastrato con gli altri. Per garantire un’adesione perfetta, ogni doga viene battuta con un martello, frapponendovi un ritaglio di scarto proveniente da un listello già sagomato. 

L’intervento viene completato con la posa del battiscopa, costituito da listelli in MDF rivestito. Dopo aver effettuato i tagli a 45° per l’adesione nei punti di giunzione angolare, le doghe vengono incollate alla parete con il silicone, prima di essere fissate con i chiodi. 

#FaiConIMakers, Rulof consolida una parete dell’infernotto

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Dopo aver completato una serie di lavori nel proprio ufficio sotterraneo, Rulof torna a dedicarsi alla ristrutturazione dell’infernotto che si trova al di sotto del suo laboratorio. In precedenza, il maker torinese era stato impegnato nella rimozione delle macerie e dei detriti che ostruivano alcune zone delle gallerie. Completato in buona parte lo sgombero, Rulof può finalmente pianificare gli interventi successivi, grazie anche al supporto offerto da Saint-Gobain Italia, che mette a disposizione i propri prodotti multimarca e la necessaria consulenza tecnica.

Il consolidamento della parete

Una parte della copertura dell’infernotto poggia su di una sorta di ‘parete’ naturale dalla superficie piuttosto irregolare; si tratta di uno strato di sedimenti, caratteristico del sottosuolo di tutta la città di Torino e, più in generale, dell’intera Pianura Padana. Lo strato si è formato durante l’era glaciale: lo slittamento dei ghiacciai lungo le pareti delle montagne ha trascinato a valle una enorme quantità di pietre, dando loro una forma tipicamente levigata. Nel corso del tempo, i detriti si sono accumulati e solidificati per effetto della pressione dei ghiacciai e degli strati superficiali.

Pur essendo solida e compatta, la parete composta da sedimenti ha una superfice altamente irregolare che, se toccata, rischia di sgretolarsi facilmente. Ragion per cui, Rulof ha deciso di consolidare questa parte dell’infernotto, utilizzando un’apposita malta a base di calce. Dopo aver impastato alcuni sacchi di prodotto nella betoniera, il maker di origini olandesi procede all’applicazione dello stesso, utilizzando la stessa tecnica impiegata per intonacare l’ufficio ricavato all’interno del suo laboratorio: prende una manciata di malta e la scaglia con le mani contro la parete, senza utilizzare alcun attrezzo. Nelle zone in cui c’è troppo materiale (o non ce n’è abbastanza), agisce ‘a mano libera’, così da ricoprire la parete con uno strato omogeneo.

Il progetto in 3D per l’infernotto

Completato l’intervento sulla parete grezza, Rulof illustra – con un software di elaborazione grafica in 3D – come intende ristrutturare l’intero infernotto. Gli interventi previsti dal maker torinese sono i seguenti:

Messa in piano del pavimento inclinato di una galleria, per mezzo di sbarramenti realizzati con assi di legno da colmare con un prodotto autolivellante. In tal modo, Rulof otterrà una scalinata di notevole impatto dal punto di vista visivo;

Costruzione di una parete, per ottenere un grande ambiente chiuso – con relativo ingresso – destinato alla registrazione dei video;

Realizzazione di una scalinata, in corrispondenza di una botola già aperta in precedenza, per dotare l’infernotto di un secondo punto di accesso.

I prodotti Saint-Gobain utilizzati

Per il consolidamento della parete di sedimenti grezzi, Rulof ha impiegato webertec BTcalceG; si tratta di una malta strutturale a base di calce idraulica naturale. È particolarmente indicata per gli interventi di consolidamento strutturale che prevedano anche l’impiego di elementi di rinforzo quali le reti in fibra di vetro. Il prodotto è utilizzabile su di una vasta gamma di supporti, dal calcestruzzo ai mattoni, fino al tufo e alla pietra mista; va applicato sopra un fondo leggermente inumidito, creando uno strato di almeno 2 cm.